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Chi troppo cambia, nulla ottiene: attenzione ai narratori euristici

Vincenzo Imperatore nel suo editoriale analizza l'attuale situazione del Napoli alla luce del cambio in panchina voluto da Aurelio De Laurentiis. Walter Mazzarri ha preso il posto di Garcia.


Vincenzo ImperatoreVincenzo ImperatoreAnalista finanziario e giornalista

21/11/2023 15:27 - Altre notizie
Chi troppo cambia, nulla ottiene: attenzione ai narratori euristici

Sono stato tra i più convinti sostenitori. Mentre la maggior parte degli analisti si concentravano sulla scelta sbagliata (Garcia), ho sostenuto su queste colonne che l’errore gestionale più grande, molto spesso latente nella maggior parte delle aziende familiari, riguarda la scarsa attrattività di una squadra campione d’Italia per tanti allenatori (compreso Spalletti) che scappano o non vogliono avere rapporti professionali con il presidente. E a tal proposito ho invitato Aurelio De Laurentiis a riflettere su un tema molto discusso nella letteratura manageriale: come si trattengono i talenti? Un tema che comunque approfondiremo nelle prossime settimane. Ma dapprima devo correggere un mio errore: stavo esprimendo un giudizio senza aver analizzato i “numeri”, influenzato da un bias cognitivo e soprattutto dal “rumore strutturale” (vi consiglio di leggere il libro “Rumore” del premio Nobel per l’economia Daniel Kahneman scritto insieme a Olivier Sibony e Cass R. Sunstein). Un giudizio basato su un ragionamento di tipo euristico, in opposizione a quello di tipo statistico, che prevede che si giunga ad una decisione affidandosi all’intuizione piuttosto che seguendo un procedimento di verifica sequenziale degli step necessari allo scopo.


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E allora facciamo un passo indietro prima di esprimere il giudizio definitivo sulla scarsa capacità di attrarre e mantenere i talenti.

Innanzitutto analizzando i numeri del turnover (ricambio) degli allenatori durante la stagione nel calcio professionistico scopro che negli ultimi 19 anni il Napoli è tra le big la squadra che, dopo la Juventus, ha fatto meno esoneri durante il campionato.

Se consideriamo anche il campionato in corso e quindi valutiamo anche il peso dell’errore della scelta di Garcia, la classifica, al momento, vede il Napoli in quarta posizione tra le big.

L’analisi non può, però, prescindere da una altra valutazione statistica riguardante gli ultimi venti anni: la durata media di permanenza (in termini di stagioni agonistiche) di un allenatore sulla panchina delle big. Il Napoli è, dopo la Juventus, la società in cui gli allenatori sono rimasti mediamente più a lungo.

La terza considerazione statistica, non influenzata quindi da pregiudizi, riguarda il momento giusto per l’esonero dell’allenatore. Quale timing dovrebbe adottare un club di calcio quando decide se esonerare il proprio allenatore? Questa analisi si basa su un modello semplice che presuppone la correlazione tra il ricambio e gli obiettivi minimi prefissati. Nel caso del Napoli, al fine di garantire la sua sostenibilità economico-finanziaria, l'obiettivo è massimizzare il numero di punti in campionato per raggiungere la qualificazione alla Champions League. 

Le strategie dei club della fascia in cui si trova oggi il Napoli, a tal riguardo, si focalizzano su due scelte: la lunghezza del periodo di luna di miele durante il quale non prenderà in considerazione l'esonero di un nuovo allenatore e il livello della media punti al di sotto della quale l'allenatore verrà esonerato. 

Ebbene negli ultimi 10 campionati la media punti minima (4° posto) per accedere alla Champions League è di 70 punti. Una media punti a partita di 1,9.

Non solo ma dalla analisi dei “numeri” (e non delle paturnie di chi decide) degli ultimi dieci campionati emerge che : 

- l’esonero avviene non prima della sesta giornata (in media è questa la luna di miele) 

- l’esonero avviene nel momento di scarto massimo tra la cumulata della media punti per partita desiderata e quella che sta ottenendo la squadra.

Allora confrontate questi dati con la statistica relativa agli allenatori dell’era delaurentisiana e ditemi se siamo di fronte a un mangia-allenatori. 

Abbiamo finito con i numeri e con l’analisi del tasso di turnover. 

Ci resta solo da dire che qualunque sia la ragione, o le ragioni, alla base di un eccessivo tasso di ricambio del personale una cosa è certa: quando raggiunge un livello patologico (nelle aziende italiane la soglia è del 15%), il ricambio del personale ha effetti molto negativi sull’azienda.

In primo luogo, non è certo un segreto che le prime persone a voler abbandonare una realtà nella quale non si sentono soddisfatte siano quelle più qualificate. È perciò piuttosto naturale che queste figure, ambite sul mercato, finiscano presto per essere attratte dalle aziende concorrenti che promettono più lauti guadagni e un ambiente di lavoro migliore.

E che dire poi di chi invece in azienda decide di restare? Il turnover aziendale non impatta soltanto su chi decide di dare le proprie dimissioni, ma anche su tutti coloro che si trovano costretti ad un aumento del carico di lavoro (sebbene momentaneo) e a dover interagire con persone sempre nuove da integrare nel team. Se è vero che un buon tasso di ricambio aiuta ad incrementare motivazione e creatività, è altrettanto vero che quando questo ricambio eccede una certa soglia le dinamiche dei team ne soffrono enormemente. Diventa infatti difficile mantenere l’armonia e la fiducia che caratterizzano i team altamente collaborativi e performanti.

Non dimentichiamo poi che l’eccessivo e patologico turnover impatta anche finanziariamente sui conti della azienda. Pensate tutte le spese relative al processo di ricerca, selezione e onboarding di nuove figure oppure a tutti i costi associati al calo delle opportunità di crescita e della produttività a seguito della perdita di figure altamente competenti e alla necessità (da parte di almeno una figura interna come il team manager o il direttore sportivo) di affiancare ed inserire un nuovo manager che necessiterà di naturali tempi fisiologici per integrarsi appieno e apprendere i processi.

Attenzione ai narratori euristici.

Alla prossima 


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Vincenzo ImperatoreVincenzo Imperatore
Laureato in Economia e Commercio, ha lavorato 22 anni come manager di un istituto di credito. Dal 2012 è un libero professionista, saggista, scrittore e giornalista pubblicista. Collabora con importanti testate.

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