L'esonero di Garcia è una decisione manageriale, non sempre alla portata dei Marchionne del quartierino
L'analisi di Vincenzo Imperatore riguardo l'attuale momento del Napoli all'indomani della rovinosa sconfitta della compagine di Rudi Garcia contro l'Empoli.

L’ora delle decisioni irrevocabili, la storia ce lo insegna, non sempre è quella giusta. Sicuramente non è quella dettata dai media e da chi, lo ripeto fino alla noia, non ha mai gestito neppure il proprio condominio oppure, sebbene imprenditore (!!!), ha sbagliato tante volte il timing delle decisioni nella sua azienda poi andata in default. L’ora delle decisioni irrevocabili in una azienda è dettata molto spesso dai “motivi di opportunità”. Una locuzione che nei miei 25 anni in una multinazionale del credito ho sentito, letto, scritto e ripetuto spesso. Era una espressione che giustificava, alla stregua della “ragion di stato” del gesuita Botero, una decisione non giusta per un interesse superiore.
Se proprio vogliamo atteggiarci e tirare fuori il solito inglesismo che fa scena, allora dobbiamo dire che qualsiasi imprenditore si trova quotidianamente di fronte a dei trade off.
Letteralmente, scambio di qualcosa in contropartita di qualcos’altro; in particolare rinuncia a una cosa o situazione DESIDERABILE, che rappresenta un beneficio o un vantaggio, in cambio di un’altra cosa considerata PIU’ DESIDERABILE.
I trade off implicano delle scelte, ad esempio fra l’efficienza aziendale e la “ragione di stato”.
L’obiettivo è la ricerca dell’equilibrio fra ottenere qualcosa che vale di più di quello a cui si rinuncia (trading up ) e rinunciare a più di quello che si ottiene (trading down ). Nessun trade off, neppure quelli affrontati dai Marchionne del quartierino, può mantenere le 2 aree in perfetto equilibrio
Se i trade off sono compiuti di preferenza o esclusivamente a vantaggio di una sola area (ad es. l’efficienza aziendale), allora la probabilità che si sviluppino problemi nella altra area (“la ragione di Stato o motivi di opportunità”) è molto alta.
Ricordo perfettamente un episodio molto formativo per me che ero un giovanissimo manager (equiparatelo a un dirigente di una squadra di calcio) in quella azienda. Era il momento della valutazione delle prestazioni (la pagella annuale) dei miei collaboratori e uno di loro, super-iper raccomandato da un politico molto influente all’epoca, meritava una insufficienza piena. Era inefficiente, presuntuoso ed arrogante. Quando inviai la scheda (la pagella) con l’insufficienza alla Direzione Generale, mi “fu consigliato”, pur consapevoli che eravamo di fronte ad uno s-collaboratore, di mettergli almeno la sufficienza “per motivi di opportunità”.
La mia reazione fu alquanto risentita soprattutto in considerazione del fatto che, accogliendo tale “suggerimento”, non avrei garantito equità di giudizio per la squadra.
Ebbene, in quella circostanza, mi fu risposto che “avrei dovuto gestire il trade-off (soprattutto il clima interno che diventava sicuramente demotivante per gli altri ragazzi davvero efficienti) perché appena cadeva il governo allora in carica, avremmo poi regolato i conti con lo s-collaboratore”.
Sono dinamiche difficili da capire immediatamente per chi le vive, figuriamoci per un appassionato di calcio confuso dalla nebbia del tifo.
Ritornando al Napoli, l’errore gestionale (la scelta di Garcia) è stato fatto. E’ un fatto oggettivo che si verifica, secondo uno studio di una importante rivista di management, almeno 200 volte (!!!) nella vita media di una azienda. Avete capito bene?
Anche i Marchionne e i Caprotti del quartierino sbagliano, nelle loro aziende decisioni importanti almeno 200 volte (o molto meno se nel frattempo quella azienda è già andata in default).
Si tratta di un errore, nel caso del Napoli, che ha riconosciuto lo stesso presidente già un mese fa alla Luiss di Roma e il riconoscimento degli errori, alla faccia di chi lo giudica presuntuoso (imprenditorialmente), è la più alta manifestazione della intelligenza imprenditoriale (che è solo uno degli almeno 8 tipi di intelligenza umana).
Ma quello non era ancora il momento delle decisioni irrevocabili. Il presidente Aurelio de Laurentiis, in quella circostanza, ha fatto un trade off per “motivi di opportunità”.
Ora dobbiamo solo verificare (e aspetto quelli, li ho segnati tutti, che poi risaliranno sul carro del vincitore) se la nuova scelta manageriale sarà fatta senza tener conto dei “motivi di opportunità”.
Subentrare a stagione iniziata è il compito più difficile per un allenatore: pochissimi hanno avuto successo, pochissimi hanno migliorato classifica e gioco. Per questo motivo, per fare una scelta non vanno trascurate tutte le componenti di valutazioni di un manager (competenze tecniche e relazionali).
Il caso, però, è affrontato dai media e sui social network senza tener conto dell’effettivo problema di gestione aziendale: tutti si concentrano sulla scelta sbagliata (Garcia) ma l’errore più grande riguarda la scarsa attrattività di una squadra campione d’Italia per tanti allenatori (compreso Spalletti) che scappano o non vogliono avere rapporti professionali con il presidente. Su questo deve riflettere Aurelio De Laurentiis: come si trattengono i talenti? Ne parliamo la prossima settimana.
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