Il Napoli perde De Bruyne, ma ritrova vecchio sistema e mezzali dominanti
L'analisi di Napoli-Inter, i partenopei hanno ritrovato gioco e intensità. Successo importantissimo per la compagine di Antonio Conte.

Vittoria importante e per una volta convincente di un Napoli finalmente intenso e tignoso, versione scudetto. Nella nostra analisi del giorno dopo, quella realizzata senza l’emotività spesso fuorviante dell’immediato post partita, evidenziamo con l’aiuto di una sola grafica le chiavi della vittoria di Conte contro l'Inter.
Napoli-Inter, l'analisi del match
In primis una fondamentale premessa: l’infortunio occorso a Kevin De Bruyne al minuto 33, a seguito della battuta ancora una volta impeccabile del penalty che ha mandato il Napoli in vantaggio, è l’ennesima doccia fredda per Conte. Un infortunio che verosimilmente priverà i partenopei del genio di Drongen per diverse partite e che, nonostante le valutazioni non sempre positive in merito al suo rendimento, costituisce privazione di un elemento fondamentale in meno in mezzo al campo. C’è da dire, entrando nella analisi della gara, che anche ieri, fino al momento del rigore, il belga non sembrava in partita anche a causa di un primo tempo giocato in sofferenza da tutti i suoi compagni. Una sofferenza indotta dallo standing di un’Inter alla quale vanno comunque fatti i complimenti, squadra moderna e molto ben guidata da un Chivu dimostratosi bravo in panchina e nel post partita, esempio purtroppo raro, di sportività assoluta.
Un Napoli schierato da Conte ancora una volta con asimmetria, Spinazzola basso, i consueti 4 centrocampisti con Gilmour a orchestrare nel mezzo e con Neres da falso nueve, col compito chiaro di destabilizzare una retroguardia nerazzurra molto ben strutturata fisicamente ma in difficoltà evidente quando privata di punti di riferimento. Il brasiliano ha risposto con impegno massimo e, soprattutto col passare dei minuti, entrando sempre più nel ruolo e nella funzione deputata, ossia quella di svariare molto sulla intera trequarti per tirare fuori i marcatori, svuotando di fatto lo spazio alle spalle della difesa nerazzurra. Meccanismo questo che si è perfezionato molto di più dopo l’uscita dal campo di De Bruyne che ha consentito a Conte di inserire Olivera basso a sinistra e spostare Spinazzola alto, passando finalmente al sistema scudettato.
Ecco così che il Napoli, divenuto finalmente perfettamente simmetrico, ha potuto sciogliere le brighe ai due suoi due cavalli di razza, McTominay e Anguissa. Il primo, gol straordinario a parte, è parso finalmente liberato dai compiti di sentinella svolti a favore dell’asso belga e ha ribadito la felice connessione con uno Spinazzola ancora una volta autore di una prestazione di altissimo livello coronata dall’assist di 60 metri per lo scozzese e solo in parte scalfita dall’errore grave che in avvio di gara stava per mandare in vantaggio l’Inter (molto bravo Milinkovic-Savic su Lautaro). Il secondo immortala perfettamente il senso del concetto: galoppata a briglie sciolte e criniera al vento a mò di puledro nello spazio liberato magistralmente da Neres, autore di una sponda sublime per il camerunense. L’intera ripresa è parsa una replica del film dello scorso anno i cui protagonisti erano una difesa rocciosa, le incursioni letali dei centrocampisti e quella sensazione di inscalfibilità e di fame che quest’anno erano parsi latenti. Tutto ciò che andiamo sostenendo trova la sua esemplificazione nella grafica che proponiamo. Il ritorno al vecchio sistema ha mostrato infatti un Napoli da 575 tocchi – col Torino erano stati 799 – dal minor possesso palla - 43% contro il 68% di Torino – una simmetria laterale quasi perfetta, come mostrato dalle posizioni praticamente appaiate di Politano a destra e Spinazzola a sinistra. Quest’ultimo aspetto viene confermato anche dalla distribuzione percentuale degli attacchi dei partenopei: 37% a destra – a Torino 49% - , 23% per via centrale – contro i granata 28% - e 40% sulla corsia mancina – a Torino appena il 23% -.

Conte come Djokovic
Capitolo a parte per il tecnico azzurro. Oggettive le difficoltà di infortuni abbattutisi come una mannaia sul team, altrettanto però oneste le considerazioni e le critiche mosse anche da queste colonne in merito a taluni elementi. Prima di tutto di carattere tattico: potrebbe essere una coincidenza, e lo vedremo nelle prossime gare, ma sembrava evidente come tanto McTominay quanto Anguissa vivessero in uno status di “riverenza” nei confronti di una forte personalità caratteriale e tecnica corredo del forte giocatore belga. Ma anche le considerazioni di carattere diverso relative all’approccio meno cannibale dei campioni d’Italia spesso da noi stigmatizzate, hanno avuto una risposta evidente sul campo. Quella di ieri era un’altra squadra e lo era tanto dal punto di vista tattico, quanto da quello caratteriale. Si è rivista la fame, si è rivista l’elettricità in campo e in panca. Un Conte tornato in versione Djokovic, eterno campione serbo che si nutre delle critiche e che anzi spesso entra in accesa polemica con il pubblico; un campione che nelle difficoltà trova le ceneri da cui rinascere e da trasformare in energia positiva. Araba fenice dunque anche il mister, che evidentemente aveva bisogno, forse inconsciamente, di una scossa forte, del pungolo anche delle nostre critiche. Tanto lui, quanto la squadra, avevano bisogno di una scarica figurativamente elettrica. E non è un caso che dal momento dell’alterco del mister con Dumfries, immediatamente cavalcato da un Lautaro che non sembrava aspettare altro, il Napoli sia salito prepotentemente in cattedra proprio sul piano emotivo, mentre l’Inter si sia sostanzialmente disciolta, proprio come evidenziato con lucidità e acume dal bravo Cristian Chivu, tecnico e uomo da grande squadra.
Dunque, tre punti e primato a parte, che non sono poco considerando lo scontro diretto, Conte trae dalla serata magica del Maradona, importanti indicazioni. Tattiche, tecniche – Neres finto centravanti può in alcuni contesti tattici costituire una soluzione nuova – ma anche di gruppo in crescita. Molto bene a tal proposito per attitudine e atteggiamento l’ingresso in campo di Lang, ma decisamente significativo il gesto di Kevin De Bruyne che ha voluto assistere a bordo campo in stampelle e con l’arto fasciato al successo dei suoi compagni di squadra, lasciando la sensazione che forse sì, è nata una nuova squadra.
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