Pastore: "Avete letto cosa ha scritto il New York Times su Napoli? Purtroppo è vero"
Il noto giornalista, in passato prima firma de La Gazzetta dello Sport, ha fatto il punto sulla città partenopea in relazione all'inchiesta del noto quotidiano.

Rosario Pastore, giornalista, ha commentato l'inchiesta del New York Times su Napoli. Queste le sue parole: "Naturalmente. Una delle primissime reazioni all'inchiesta del New York Times sui problemi di Napoli, è stata questa: "Parlate proprio voi che uscite in una città dove ogni anno si contano almeno cinquecento omicidi e dove la criminalità è da sempre un fenomeno estremamente diffuso?".
"Ecco - aggiunge - la prima reazione è stata: e allora voi? Come se questo ponesse la nostra città al riparo da ogni critica, come se il fatto che certe situazioni accadono anche altrove conduca ad una specie di assoluzione generale sui nostri peccati. Immagino già i difensori ad ogni costo, i sanfedisti, pronti a scendere in campo, magari preparandosi a dar fondo alla loro riserva di insulti da indirizzare verso chi si è permesso di gettare fango sulla nostra immacolata, purissima, perfetta Napoli. Ed è la vecchia storia di chi guarda il dito puntato verso il cielo e non dà piuttosto un'occhiata alla luna, oggetto vero della discussione".
"Da sempre noi figli di Partenope siamo gelosi della nostra realtà. "Se sei napoletano verace, puoi criticare. Se sei forestiero, fatti i fattacci tuoi". Già, come se la denuncia del prestigioso quotidiano americano fosse fatto da un mucchio di fandonie, tese esclusivamente a gettare discredito sulla nostra città. Ebbene no, non credo che questa sia la posizione giusta. Perché quanto scrive il New York Times è purtroppo vero. Perché Napoli, agli ultimissimi posti nella classifica della vivibilità nazionale (e anche qui c'è chi si è sentito offeso a morte), è, purtroppo anche questo. E continuare ad ignorarlo, continuare a mettere la testa sotto la sabbia per non vedere, costituisce la risposta più sbagliata alla denuncia".
La disoccupazione giovanile è ai massimi storici; la diffusione delle armi nelle mani anche di giovanissimi è un fenomeno sempre più allarmante; l'esodo costante verso altre destinazioni delle menti migliori, una realtà che non si può continuare ad ignorare. A Napoli viviamo in un clima difficile, negarlo sarebbe stupido e controproducente. Non v'è genitore che non tremi quando il proprio ragazzo, di sera, esce di casa per andare semplicemente a divertirsi, perché non si sa chi potrà incontrare, cosa gli potrebbe accadere. Un fenomeno non esclusivo della nostra città, vero. Ma che sta raggiungendo punte sempre più preoccupanti. Si vive border line. Le statistiche dicono che siamo, se non al primo, di sicuro ai primissimi posti nella richiesta di quella specie di elemosina che ha sostituito il reddito di cittadinanza. Solo la pazienza millenaria che ci ha caratterizzato nel corso dei secoli ci aiuta a vivere. Anzi, a sopravvivere. Bisognerebbe che finalmente ci fosse una ribellione, quella che il segretario della CGIL ha chiamato efficacemente "rivolta". Sociale, naturalmente. Ma è un sogno vano".
Ed ha concluso: "Allora succede che ci incazziamo se qualcuno racconta quello che succede nelle nostre strade. Come sicuramente si incazzerà qualcuno dei pochissimi (stavolta non ho parlato di calcio, il solo argomento che pare interessi davvero) che hanno avuto la pazienza di leggermi fin qui. Pazienza, già, pazienza, la nostra parola magica".
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