L'analisi di Napoli-Bologna: Conte vince la finale senza il bisogno di controllare la palla
L'analisi di Napoli-Bologna, successo convincente da parte della compagine azzurra. Antonio Conte grande stratega del trionfo in Supercoppa Italiana.

La vittoria del Napoli in Supercoppa Italiana ai danni del Bologna di Vincenzo Italiano, rappresenta il manifesto del calcio moderno, un calcio in cui si abdica al possesso a beneficio della qualità degli spazi e delle zone. Spesso accade che nella analisi post gara ci siano partite che si spiegano con il possesso, e altre che si raccontano meglio osservando dove e come quel possesso viene reso innocuo.
L'analisi della vittoria del Napoli sul Bologna
La finale di Supercoppa tra Napoli e Bologna appartiene chiaramente a questa seconda categoria. Il dato grezzo – un possesso quasi equamente diviso – suggerirebbe equilibrio. I numeri avanzati, invece, raccontano una storia diversa: una partita gestita dal Napoli attraverso lo spazio, non attraverso il volume, sulla falsa riga di quanto già mostrato nella semifinale contro il Milan, come mostrano le due grafiche a confronto relative alle posizioni medie assunte dall’undici di Conte sul campo in semifinale e in finale, praticamente sovrapponibili.

IL PRIMO ATTO: PRESSING SELETTIVO, NON IDEOLOGICO
Il PPDA - Passes Per Defensive Action -, ebbene ricordarlo, ha nella sua ratio la misura dell’intenzione difensiva, non l’efficacia del pressing. Infatti, nel caso del Napoli, PPDA più alto rispetto a quello del Bologna, potrebbe trarre in inganno chi associa la pressione esclusivamente all’aggressività. Questo perché il PPDA va sempre letto insieme ad altri indicatori, come il numero di recuperi alti, il Counter pressing, ossia quanto reagisci alla perdita di possesso, e alla Rest defence, vale adire quanto sei protetti se il tuo pressing fallisce. In realtà, la squadra di Conte (o chi per lui, concettualmente) non ha mai cercato di soffocare l’avversario in modo continuo. Ha scelto, piuttosto, quando intervenire.
Il pressing azzurro si è acceso soprattutto nei momenti di vulnerabilità strutturale del Bologna: ricezioni spalle alla porta, appoggi laterali prevedibili, passaggi orizzontali senza copertura preventiva. In quelle situazioni, il Napoli ha trasformato un PPDA medio-alto in pressione qualitativa, forzando giocate conservative o lanci non preparati.
Il Bologna, al contrario, come nella indole delle squadre di Vincenzo Italiano, ha provato a mantenere un PPDA più basso, pressando con maggiore frequenza. Ma quella pressione, marchio di fabbrica dei felsinei, è risultata spesso disallineata: intensa nei primi secondi, fragile appena superata la prima linea.
FIELD TILT: DOMINIO TERRITORIALE SENZA VALORE
Il Field tilt, inteso come percentuale di azioni offensive di una squadra che avvengono nell’ultimo terzo di campo rispetto al totale delle azioni offensive della partita, racconta una partita sbilanciata territorialmente a favore del Napoli, che ha completato 102 passaggi su 139 in zona offensiva contro i 72 su 93 del Bologna, e ha chiuso con 31 tocchi in area avversaria a fronte di 13 dei felsinei. Numeri sufficienti a stabilire una tendenza chiara: la palla gravitava più spesso nella metà campo del Bologna, e soprattutto nel suo ultimo terzo.
Ma la vera chiave non è la percentuale in sé. È la qualità di quel tilt.
Il Napoli ha occupato l’ultimo terzo non con una circolazione sterile, ma con una progressione funzionale: meno tocchi, più avanzamento; meno ampiezza fine a sé stessa, più presenza nelle corsie interne. Il risultato è stato un numero elevato di tocchi in area e una produzione di occasioni che ha fatto crescere l’xG fino a superare quota due (2,12 per gli azzurri, 0,95 pei rossoblù).
Il Bologna, pur mantenendo fasi di possesso ordinato, ha raramente trasformato la territorialità in pericolo reale. Il suo field tilt, quando presente, è stato laterale, prevedibile, facilmente assorbito dalla struttura difensiva azzurra.
ZONA 14 E SHOT QUALITY: DOVE LA PARTITA SI DECIDE DAVVERO
Se c’è un luogo simbolico di questa finale, è la zona 14. È lì che il Napoli ha costruito la differenza tra un tiro e un’occasione, tra una conclusione e una minaccia reale.
I numeri sulla shot quality parlano chiaro: più tiri dal centro, meno tiri forzati, più conclusioni prese con il corpo orientato verso la porta. Il Bologna, invece, ha tirato spesso perché doveva chiudere l’azione, non perché avesse creato le condizioni ideali per farlo.
Il dato sugli xG non è solo una misura di quantità, ma di scelte offensive migliori. Il Napoli ha aspettato il momento giusto, ha riconosciuto le finestre di opportunità e le ha attaccate con decisione. Il Bologna ha rincorso l’evento.
Rest-defence: la differenza invisibile
Forse l’indicatore meno appariscente, ma più decisivo, è stato quello legato alla rest-defence, intesa come la struttura difensiva preventiva che una squadra mantiene mentre è in fase offensiva, cioè come è posizionata per difendere nel momento in cui perde palla. Essa in buona sostanza non riguarda la difesa “classica”, ma la capacità di controllare la transizione negativa e la qualità con cui una squadra protegge sé stessa mentre cerca di fare gol.
Ebbene, ogni volta che il Napoli attaccava, lasciava dietro di sé una struttura leggibile e solida: almeno tre uomini sotto la linea della palla, distanze corte, possibilità immediate di riaggressione. Questo ha reso le transizioni del Bologna episodiche, spezzate, mai realmente pulite.
Il Bologna, invece, ha pagato un assetto più ambizioso che prudente. I terzini alti, il centrocampo attratto dal pallone, le distanze difensive non sempre controllate: ingredienti che, contro una squadra capace di verticalizzare con tempi giusti, diventano crepe strutturali.
Non è un caso se le migliori occasioni del Napoli sono arrivate nei secondi successivi alla riconquista.
CONCLUSIONE: UNA FINALE VINTA PRIMA ANCORA CHE GIOCATA
Il 2-0 finale non è il prodotto di un dominio appariscente, ma di una superiorità che definiremmo praticamente sistemica.
Il Napoli ha vinto perché ha controllato:
le zone prima ancora della palla
i tempi prima ancora dei ritmi
le transizioni prima ancora delle occasioni
Il Bologna ha avuto momenti di partita, ma non ha mai avuto il controllo del contesto. E in una finale secca, il contesto è spesso più importante dell’inerzia.
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