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Napoli, stop ai "Fab Four". Confusione tattica e d'identità. Squadra involuta

L'analisi di Milan-Napoli, la squadra di Antonio Conte non sembra aver trovato un giusto equilibrio tattico in questo avvio di stagione. L'esperimento dei "Fab Four" non sembra la scelta ideale.


Alessandro D'AriaAlessandro D'AriaMatch Analyst

29/09/2025 15:45 - Campionato
Napoli, stop ai Fab Four. Confusione tattica e d'identità. Squadra involuta

Il Napoli perde a San Siro contro il Milan di Allegri. Niente allarmismi, nessun disfattismo, ma come sempre, facciamo analisi senza essere miopi e senza farsi abbagliare da nomi altisonanti e da facili alibi (anche se la condotta di gara e le decisioni del modesto Chiffi hanno lasciato molto perplessi e il Napoli era fortemente in emergenza di formazione).


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Napoli, stop ai "Fab Four"

Non più tardi di 20 giorni orsono, da queste colonne lanciammo il primo allarme quando, all’indomani della risicata vittoria casalinga ai danni dell’ottimo Cagliari di Pisacane, evidenziammo l’asfissia della manovra e soprattutto l’eccessiva densità in talune zone del campo che influenzavano negativamente lo sviluppo della manovra dei partenopei, privandola della fluidità alla quale eravamo abituati e rendendola di fatto ostaggio del suo giocatore di maggior talento, quel Kevin De Bruyne tanto atteso dai tifosi azzurri, la cui classe cristallina e la cui verticalità avrebbero dovuto restituire al Napoli meno orizzontalità e maggiori verticalizzazioni. Parlammo all’epoca del pericolo che Antonio Conte si facesse ammaliare dall’idea, certamente affascinante, di tenere in campo quelli che in maniera forse prematura, qualcuno ha definito i “Fab Four”, e nel contempo evidenziammo come, contrariamente a quanto previsto, la manovra dei campioni d’Italia stesse diventando via via più macchinosa e a tratti stucchevole in una dinamica esattamente contraria a quella auspicabile. Paradossalmente era un Napoli che stava diventando squadra di possesso e non di transizioni rapide, di palleggio e non di verticalizzazione. Questo principio di involuzione oltretutto, cosa forse più grave, stava finendo per “mediocrizzare” giocatori chiave come McTominay e Lobotka. Il primo impiegato in una zona di campo e con funzioni molto diverse da quelle dello scorso anno, il secondo messo in condizioni di interpretare il continuo vagare in posizioni diverse del campo del “genio di Drongen”, finendo per adattarsi di conseguenza ai suoi movimenti e, cosa più grave, per privare la squadra del suo riferimento principe sia in fase di possesso che in fase di non possesso. Il tutto sacrificando il sistema di gioco vincente dello scorso anno, il 4-3-3, a favore di un sistema 4-1-4-1, che accantona gli esterni di attacco più abili nell’uno contro uno, segnatamente Neres e Lang, finendo per accentuare la forte asimmetria a destra, con il solo Politano capace di incidere in zona non centrale.


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Come sempre ci aiutiamo nella analisi con supporti visivi, nello specifico con la mappa delle connessioni e delle posizioni medie assunte in campo dai calciatori, dalla quale è evidente che questo forte sbilanciamento a destra, solo parzialmente bilanciato dalla presenza di Spinazzola tenuto tendenzialmente più alto a sinistra ma ieri assente, è diventato facilmente assorbibile dalle difese avversarie, essendo anche divenuto ampiamente prevedibile. Ancora una volta è visibile anche in mappa termica, come si attui una densità enorme dentro il campo, senza quasi mai avere sbocchi in ampiezza. Dinamica che produce una enorme quantità di passaggi laterali frutto dell’overloading in zona centrale, dettaglio chiaramente visibile dalla mappa.

Napoli posizioni medie

Pare evidente che questo sacrificio di sistema e di giocatori forti può essere avallato solo se, come sarebbe lecito aspettarsi, porta a giocate illuminanti e ad atteggiamenti irreprensibili. Ma nello specifico, come nelle precedenti gare, e a Milano in modo ancor più evidente, Kevin De Bruyne ha palesato in campo una impalpabilità irritante e, cosa che non ti aspetteresti, una serie di errori di misura nei passaggi, da quelli più elementari a quelli più sofisticati. Ma c’è di più: sono stati visibili anche una serie di atteggiamenti di insofferenza in campo verso i suoi compagni che in tutta onestà non sono accettabili. Il concetto è molto semplice: se De Bruyne è quello originale allora probabilmente vale la pena condizionare la squadra adattandola al suo genio e sacrificando anche determinati calciatori. Ma se invece tocca assistere a prestazioni come quelle di ieri e di altre recenti gare, tanto vale tornare al sistema dei fasti e ritagliare ruolo e probabilmente minutaggio diverso per il belga. Non sarebbe certamente un oltraggio, nell’era delle 5 sostituzioni, far accomodare De Bruyne in panca per dargli magari l’ultima mezz’ora o, viceversa, fargli giocare la prima ora per poi avvicendarlo. Le risorse in termini di rosa e soprattutto di sistemi di gioco non mancano, senza trascurare l’elemento condotta. La sua uscita dal campo non è piaciuta affatto, irrispettosa verso gli altri compagni di squadra che non giocano praticamente mai e ancor più stridente se paragonata alla contemporanea uscita dal campo di Hojlund e McTominay che invece non hanno fatto una piega e hanno salutato come da convenzione il proprio allenatore che li aveva sostituiti. Non c’è più tempo né spazio in questo Napoli per atteggiamenti da “prime donne”, si tratti di Osimhen e Kvara, piuttosto che di De Bruyne, il Napoli e Conte hanno fatto tanta fatica per ricompattare ambiente e spogliatoio, e la società ha attuato un repulisti anche impopolare quando si è trattato di eliminare le scorie dello spogliatoio del terzo scudetto, probabile principale motivazione alla base della nefasta stagione pre-Conte. Da uno come De Bruyne è lecito aspettarsi prestazioni e comportamenti molto diversi da quelli mostrati di recente.

In questo ci aspettiamo un intervento perentorio di Conte, ultimamente parso forse un po' confuso anche nelle scelte, talune delle quali non condivisibili. In particolare, data l’inerzia della gara con il Napoli che aveva appena accorciato e con un uomo in più, era forse il caso di lasciare in campo uno come McTominay, non solo perché con l’uscita di De Bruyne sarebbe stato finalmente impiegato nel ruolo e nel sistema preferito, ma soprattutto per le doti acrobatiche e di gioco aereo dello scozzese, che potevano tornare utili nel momento in cui si erano finalmente inseriti due esterni d’attacco con il preciso compito di puntare e di crossare in area di rigore. Probabile che Conte abbia valutato i cambi anche in ottica Champions. Ma un passaggio va fatto necessariamente su Hojlund. Dal centravanti danese è lecito aspettarsi qualcosa in più. Deve incidere maggiormente e probabilmente crescere anche di condizione, Conte ha bisogno del giocatore forte che tutti ricordano per esuberanza atletica e per cattiveria in area di rigore quando era all’Atalanta. Infine una considerazione sul Milan mi sembra doverosa.  Forse andremo controcorrente, ma la gara di ieri in qualche modo ridimensiona i rossoneri, che personalmente mi avevano decisamente impressionato in positivo in tutte le altre gare giocate inclusa quella di Coppa Italia, ma che al cospetto di un Napoli fortemente rimaneggiato nel reparto di maggiore affidamento, e cioè la difesa, hanno giocato di blocco basso e contropiede. Poiché non siamo e non vogliamo essere “risultatisti”, il fatto che al buon Max sia riuscita l’ennesima vittoria di corto muso della sua carriera, non influenza il nostro giudizio su una squadra che, almeno ieri sera, ha tratto il massimo dalle poche sortite offensive prodotte.

Per suffragare questa nostra tesi e per onestà ed equilibrio nel giudizio, abbiamo voluto riassumere qualche dato relativo al solo primo tempo, perché ovviamente l’espulsione di Estupinan al minuto 57 ha finito per “drogare” i dati e avrebbe reso poco affidabile il confronto. Ebbene, è facile notare come quasi tutte le metriche esaminate evidenzino una prevalenza del Napoli che ha avuto come torto originale, all’alba della gara, di sbagliare una pressione alta prendendo gol in contropiede, e di subire il raddoppio per indolenza di reparto – segnatamente Anguissa molle e superficiale sulla percussione di Pavlovic -. Nel mezzo una sola ripartenza del Milan con Fofana che ha tirato alto davanti a Meret. Poi, null’altro.

Milan-Napoli numeri primo tempo

LE NOTE POSITIVE E IL RITORNO AL VECCHIO SISTEMA

Vogliamo chiudere con alcune note a nostro parere positive. In una serata difficile per il Napoli e con una gara subito in salita per gli azzurri, molto buona è parsa la prestazione di Gimenez, all’esordio in maglia azzurra e nel campionato italiano. Su una fascia monca, Miguel ha iniziato timidamente, ma è cresciuto alla distanza nonostante il lungo periodo di lontananza dalle gare ufficiali e la convalescenza dopo l’intervento di pulizia alla caviglia, dimostrando capacità tecniche e notevole personalità. Un elemento valido e le cui caratteristiche, se sfruttate a dovere, potranno certamente arricchire il ventaglio di soluzioni a disposizione di Conte.

Altra nota positiva a nostro avviso, la prestazione di Marianucci. Il giovane centrale azzurro, anche egli all’esordio in maglia azzurra, dopo un inizio difficile e un momento di confusione conseguente alla sua errata uscita su Pulisic che ha causato lo svantaggio, si è reso autore di una buona gara, mostrando capacità in impostazione e anche buona disposizione all’imbucata, retaggio dei suoi inizi da centrocampista. Da questi due inserimenti bisogna ripartire, memori del fatto che i ragazzi di Conte hanno dimostrato lo scorso anno, dopo ogni sconfitta, di saper reagire con una striscia di risultati da grande squadra. Ma soprattutto i tempi sembrano ormai maturi per un accantonamento, anche temporaneo magari, di questo sistema che di fatto è diventato un 4-5-1.  Conte torni da subito al 4-3-3, alle vecchie certezze e dia maggior spazio alla qualità di Neres e, gradatamante, ad un Noa Lang che necessita di fiducia e di minutaggio per poter incidere come sa.


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Alessandro D'AriaAlessandro D'Aria
Match Analyst e Football Data Analyst certificato ed abilitato alla professione. Giornalista pubblicista iscritto all'ODG Campania, a fine anni '90 ha seguito da vicino il Napoli, sia Primavera che prima squadra.

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