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Dietro i trionfi dell'Inter: le insidie nascoste nel consolidamento dei debiti

L'Inter ha vinto lo Scudetto 2023-2024, ma i conti della società nerazzurra sono tutt'altro che floridi. Previsto un nuovo prestito da 400 milioni da Pimco.


Vincenzo ImperatoreVincenzo ImperatoreAnalista finanziario e giornalista

23/04/2024 20:57 - Calciomercato
Dietro i trionfi dell'Inter: le insidie nascoste nel consolidamento dei debiti

Se fossi un tifoso dell’Inter, dopo aver festeggiato il meritatissimo scudetto e la doppia stella, inizierei a preoccuparmi per il futuro.  Stando a quanto riportato da Gazzetta dello Sport e Repubblica, il presidente nerazzurro Zhang, per evitare di perdere il controllo della società, potrebbe restituire entro il 20 maggio i 375 milioni di euro che gli furono prestati dal fondo d’investimento Oaktree, grazie al fondo americano Pimco che finanzierebbe l’operazione di consolidamento con un nuovo prestito da 400 milioni di euro, da restituire in tre anni


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Molti tifosi, anche illustri, si limitano a vivere alla giornata pensando solo ai risultati. Poi nulla più! Nessuna ulteriore analisi di dati che possano fornire un quadro più dettagliato della situazione. Soprattutto la stragrande maggioranza non sa che molto spesso una società di calcio che produce fatturato non realizza utili (e quindi non crea patrimonio) per una cattiva gestione finanziaria. In altri termini brucia cassa. L'Inter ha chiuso il bilancio al 30 giugno 2023 con un rosso pari a 85,8 milioni di euro, a fronte di un fatturato pari a 425,5 milioni di euro 


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Da oltre 20 anni la principale (non l’unica) causa della scarsa redditività delle società di calcio va ricercata proprio nella inefficiente gestione della finanza aziendale. Alla base del dissesto c’è l’inosservanza di un principio guida della gestione finanziaria: i presidenti, in un business legato all’alea del risultato sportivo (un palo o una svista arbitrale possono non permetterti di incassare milioni di euro) fanno debito senza guardare l’attivo dello stato patrimoniale, ma, molto spesso, solo per risolvere problemi del passivo.

In altri termini se prendono soldi in prestito e li investono per comprare un bene produttivo (ad esempio uno stadio nuovo oppure un calciatore che ti dovrebbe far vincere trofei) per realizzare anche un solo euro di fatturato in più, allora stanno mettendo “in leva” la loro capacità di generare ricchezza. Quando invece usano il debito per pagare altri debiti (come sta facendo l’Inter) non stanno facendo altro che spostare il problema finanziario da una posta all’altra del passivo, indebolendo l’azienda e aumentando il costo dell’indebitamento.

Non hanno acquistato denaro “produttivo”, hanno semplicemente allungato la loro agonia. Ma anche qualora con quel finanziamento il presidente acquisti un bene (calciatore, stadio, ecc) e quindi faccia debito per aumentare l’attivo del proprio stato patrimoniale, molto spesso non valuta la propria effettiva capacità di sostenere la spesa per un acquisto che non è in grado di generare reddito.

Andrea Agnelli ha deciso, ad esempio, di comprare Cristiano Ronaldo per la Juventus a prescindere dalla analisi del rischio derivante dalla sua effettiva utilità, ma solo per una sorta di “orgoglio”, strumentale per amplificare l’immagine del “bravo” capitano d’impresa. Prima di indebitarsi per acquisti di questo tipo, il presidente dovrebbe seriamente valutare se è disposto a sacrificare una parte del rendimento della propria azienda (il denaro costa) e se il margine operativo può compensare il costo del debito che ne deriva.

E nel caso della Juventus non è stato fatto, i bilanci e i rating creditizi lo evidenziano.

La maggior parte dei problemi derivanti dall’indebitamento non sono causati dalle somme complessive da restituire, quanto dal tipo di attivo che viene creato. I presidenti delle società di calcio molto spesso accumulano debiti inutili, che non possono essere in alcun modo fonte di potenziali incrementi degli attivi (e dei ricavi dell’attività). 

La verità è che i problemi derivanti dall'indebitamento non sono solo una questione di vittorie sul campo, ma portano con sé una cultura di insostenibilità finanziaria che minaccia il futuro stesso del calcio. Meditate.


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Vincenzo ImperatoreVincenzo Imperatore
Laureato in Economia e Commercio, ha lavorato 22 anni come manager di un istituto di credito. Dal 2012 è un libero professionista, saggista, scrittore e giornalista pubblicista. Collabora con importanti testate.

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