Napoli, crisi di rigetto e staff tecnico in confusione. Cosa succede agli azzurri
L'analisi del giorno dopo relativa alla netta sconfitta del Napoli contro il PSV in Champions League. Cosa emerge dalla debacle azzurra in terra olandese.

Se vi avessero destato dal sonno e posto dinanzi allo schermo televisivo con le immagini di PSV-Napoli avreste pensato o no che magari eravate ancora in fase REM in preda a un incubo? Certamente sì. Ma quello che è accaduto in terra olandese, sotto gli occhi di un indolente Antonio Conte, rappresenta (speriamo) l’ultimo atto di una crisi in atto già da qualche partita, che solo agli occhi di chi si lascia ammaliare dalla logica risultatista può risultare imprevista e occasionale. La realtà è che di occasionale non vi è alcun che, né ci si può appellare sibillinamente ad una caccia alle streghe di dubbia matrice. La realtà è che Antonio Conte, ad oggi tecnico in piena confusione, ha vissuto la sua peggior partita da quando è diventato allenatore. Il 6-2 incassato dal suo Napoli sul campo del PSV rappresenta infatti il peggior risultato della sua intera carriera in panchina. Mai infatti una squadra allenata da Conte aveva subito sei gol nella stessa partita, finora il record negativo dell’allenatore del Napoli era di cinque gol al passivo, e per trovarlo bisogna risalire a molti, molti anni fa: stagione 2009/10, Conte era sulla panchina dell’Atalanta quando i nerazzurri persero per 2-5 in casa contro la Juventus. C’è solo un altro precedente, e per altro c’entra sempre la Juventus: nella stagione 2006/07, quella della Serie B post-Calciopoli, la squadra bianconera vinse per 1-5 in casa dell’Arezzo allenato da Conte. Arezzo che poi, a fine campionato, sarebbe retrocesso in Serie C1. Quindi, negli ultimi 16 anni una squadra di Conte non aveva mai subito più di quattro gol in una partita persa. Ed era capitato pochissime volte: una ai tempi del Siena (stagione 2010/11, 3-4 in casa del Sassuolo), una sulla panchina della Nazionale (1-4 in Germania per un’amichevole del marzo 2016), una sulla panchina del Chelsea (1-4 in casa del Watford a febbraio 2018), una sulla panchina del Tottenham (2-4 in casa del Manchester City a gennaio 2023). Di conseguenza, quindi, lo scarto di quattro gol inflitto dal PSV al Napoli diventa il più alto mai accusato da una squadra di Conte, insieme a quello di Arezzo-Juventus 1-5. Ma anche per il Napoli, quella contro il PSV è una sconfitta da record negativo. Nella loro storia, infatti, gli azzurri non avevano mai subito sei gol in una singola partita di competizioni UEFA. Fino al fischio finale della gara di Eindhoven, il punteggio peggiore era quello incassato dal Werder Brema negli ottavi di finale della Coppa UEFA 1989/90 (5-1 per i tedeschi). Per trovare un risultato ancora peggiore, bisogna andare fuori dalla giurisdizione UEFA, ovvero alla Coppa delle Fiere 1967/68: nel ritorno del secondo turno, il Napoli perse per 0-5 in casa dell’Hibernian.
Garcia-Conte, due pesi e due misure?
Per comprendere il momento, come spesso accade, dobbiamo guardare cosa insegna la storia. All’indomani del terzo scudetto, De Laurentiis pensò bene di ingaggiare Rudy Garcia, del quale fu poi detto che non faceva allenare la squadra, che la preparazione atletica era ridicola e che non fosse rispettato dai calciatori (ricordiamo i vaffa clamorosi di Kvaratskhelia e Osimhen) non riuscendo a tenere lo spogliatoio. Ne furono dette e scritte di tutti i colori, il tecnico fu additato da ambiente, Presidente e piazza, come non all’altezza del ruolo. Ebbene, Rudy Garcia, attuale tecnico della Nazionale belga, del quale lungi da noi voler fare una arringa o un elogio, fu sollevato dall’incarico dopo aver disputato 12 gare di campionato, con 6 vittorie, 3 pareggi e 3 sconfitte (l’ultima delle quali maturata in casa con l’Empoli al minuto 95), e 4 in Champions, con 2 vittorie, un pareggio e una sconfitta (contro quel Real Madrid che andò poi a vincere la coppa). Il suo Napoli aveva messo a segno 30 reti subendone 18, ed era in quel momento quarto in classifica, sappiamo i suoi successori cosa poi furono capaci di fare. Oggi, all’indomani del quarto scudetto, i napoletani vedono i fantasmi del passato. Conte, dopo un inizio buono se si guarda solo ai risultati, deve fare i conti con problematiche serie, nascoste finora solo dietro gli alibi degli infortuni e dietro una annata definita a mò di litania “complessa”. Fermandoci agli aridi numeri, il suo Napoli in campionato ha raccolto 15 punti in 7 giornate, con 5 vittorie e 2 sconfitte, e 3 soli punti in 3 partite di Champions, con una vittoria e 2 sconfitte. 12 reti realizzate e 7 subite in campionato, e 4 segnate e 9 subite in Champions, completano un quadro che parla in totale di 10 partite, con 6 vittorie e 4 sconfitte, 16 gol all’attivo e 16 al passivo, per un Napoli che non conosce il pareggio. In una situazione molto simile l’allenatore transalpino fu allontanato, se possibile, prima dalla critica e poi dalla Proprietà. Eppure, anche oggi, come allora, vediamo in campo una squadra, e ieri sera anche un tecnico, indolente, a tratti svogliata e quasi senza gioco, che arriva sempre in ritardo, che non sembra voler lottare al punto tale da insinuare addirittura dubbi in merito alla condizione atletica.
Il rigetto del sistema di gioco
Il rigetto, dal nostro punto di vista ampiamente prevedibile da tempo visto che da queste colonne ne parliamo da circa due mesi, da parte della squadra di un sistema di gioco acclaratamente non sostenibile, si è verificato in maniera violenta e inequivocabile nella serata di Eindhoven. Così come accade al nostro organismo quando prova ad accettare in modo comunque consenziente qualcosa di nuovo, tranne poi rigettarlo violentemente in maniera naturale, alla stessa stregua la squadra, che ha provato ad accettare la decisione dello staff tecnico di far convivere 4 giocatori in un sistema nuovo, violentando una macchina che molto si avvicinava alla perfezione in quanto a equilibrio, ha veementemente rigettato questa idea. Al cospetto di avversari decisamente inferiori nella cifra tecnica, ma con una identità di gioco e una voglia di levatura decisamente superiore, tutti i giocatori in maglia azzurra sono parsi ben sotto livello, quasi senza eccezione alcuna. Un chiaro messaggio al tecnico di intolleranza verso queste nuove dinamiche di gioco. Non è un caso che anche a Torino la squadra azzurra abbia mostrato evidenti crepe nella copertura delle linee di passaggio verso la propria trequarti. Il gioco tra le linee, tanto contro i granata quanto contro gli olandesi, è parso troppo agevolmente accessibile. E’ indubbio che le assenze siano pesanti, ma in fase di transizione negativa spesso atteggiamento e esecuzione sono a tratti imbarazzanti e nelle ultime due trasferte la situazione sembra essere notevolmente peggiorata anche nel pressing alto, portato spesso in ritardo e male, senza la dovuta convinzione, con conseguente uscita dal basso degli avversari che diventa di fatto una pericolosa ripartenza. Di qui la sensazione, costante, di pericolo e di rischio ogni qual volta gli avversari arrivano in zona trequarti. La gara di Eindhoven poteva vedere un passivo ben più grave quando negli ultimi 20 minuti Saibari e compagni entravano come il burro nell’ultimo terzo di campo sotto gli occhi impotenti dei giocatori in maglia azzurra e, ahinoi, anche di Conte, parso indolente e apatico anche nell’atteggiamento e nella postura nella sua area tecnica.
Conte recuperi lucidità e sistema di gioco
La gestione del post partita risulta, se possibile, anche più preoccupante dello spettacolo indegno visto in campo. Se infatti capitan Di Lorenzo, dopo aver chiesto scusa ai tifosi, ha fatto mea culpa lasciando comunque intendere che vi siano problematiche latenti imputabili a questioni di campo e non, Antonio Conte, interrogato in maniera pertinente in merito a quanto visto, ha mostrato di essere probabilmente confuso, dal punto di vista tattico e non solo. Una autentica provocazione le sue parole in merito alla numerica degli acquisti, troppi secondo lui 9, quando lo stesso tecnico si era lamentato della rosa spingendo anche pubblicamente il Presidente ad acquisti importanti di numero e di qualità per completare una rosa definita scarna. Ancora peggio la risposta a chi ha avuto l’ardire di chiedere se non fosse il caso di cambiare qualcosa a livello tattico. Il tecnico in maniera infastidita ha continuato ad affermare la volontà e la convinzione di continuare a tenere in campo 4 centrocampisti e a sacrificare le ali, anche ieri mortificate. Infine, ciliegina sulla torta, il dire non dire del tecnico alla fine della conferenza stampa, un atteggiamento dialettico che lascia intendere come ci siano comportamenti e individualismi nello spogliatoio fuori luogo e il sibillino accenno al fatto che qualcuno, chissà chi, stia prendendo in giro Napoli. Una cosa sembra chiara: l’espulsione di Lucca, in quel modo, un De Bruyne che vaga per il campo mandando spesso a quel paese i compagni, il continuo impiego tra i pali di un portiere che dovrebbe diventare il regista di un calcio datato, dimostrano il livello di insoddisfazione e di insofferenza della squadra e al contempo la confusione tattica che sta vivendo la guida tecnica. Totalmente incoerente con la scelta, dichiarata e confermata anche ieri, di voler tenere la massima qualità in mezzo al campo, con i fab 4 sempre titolari, con il piano tattico di schierare in porta Milinkovic-Savic che lancia lungo a saltare il centrocampo, dinamica che di fatto esclude la mediana dai giochi. Quella mediana di qualità che invece dovrebbe fare la differenza, baipassata dai lanci lunghi di un portiere che, oltre questa capacità balistica, tra i pali risulta essere un portiere di medio livello, non certo da squadra Campione d’Italia.
Il mercato e il peso delle assenze
Della eventualità che qualche scelta di mercato, tra l’altro pienamente condivisa e approvata dal tecnico, possa essere stata improvvida, se ne sta parlando fino alla noia. Beukema e Lucca su tutti, quelli finora più impiegati, sono divenuti i capri espiatori e alibi da utilizzare per giustificare topiche e non gioco. Elmas, Lang, Marianucci e Gutierrez i più sacrificati e a tratti mortificati. Milinkovic-Savic quello, probabilmente, più sopravvalutato. De Bruyne, spesso impalpabile ed equivoco tattico evidente, mai in grado di fare realmente la differenza. Anche delle assenze si potrebbe parlare, portandole a giustificazione del rendimento pessimo, non tanto e non solo nei risultati, quanto nell’impressione che lascia questa squadra guardandola giocare. Lobotka, Rrahmani e Hojlund sono defezioni pesanti. Tuttavia si sta forse sottovalutando un elemento, l’assenza di una personalità come quella di Romelu Lukaku, autentico totem e leader non solo tecnico, ma anche di spogliatoio. L’infortunio del belga ha privato il Napoli e il gruppo squadra del suo apporto e della sua guida di uomo esperto e carismatico, prima ancora del suo contributo in campo. In un quadro come quello attuale non si può escludere che anche l’assenza di un riferimento importante per i compagni come lui stia giocando un ruolo importante, anche in riferimento alle dinamiche di uno spogliatoio che si è popolato di “ 9 teste nuove”.
Conclusioni
Quando si approssima uno scontro di importanza capitale, non tanto per la classifica, quanto per l’impatto morale che potrebbe avere sul prosieguo della stagione, contro la corazzata Inter, autentica schiacciasassi in Italia e in Europa, prima in Champions alla pari con Psg e Arsenal e con la porta inviolata in Europa, urge che Conte ritrovi se stesso, il suo equilibrio, la sua tigna e anche lucidità, quella che gli servirà per comprendere che questo sistema di gioco non è attualmente sostenibile, che bisogna ritrovare le certezze tecniche e tattiche, e che in un quadro in cui si torni a giocare al calcio e non a saltare sistematicamente e monotonamente il centrocampo, questo Napoli non può prescindere dal suo portiere e che quel portiere di chiama Alex Meret. Conte ricompatti l’ambiente, prenda coscienza dei suoi errori, e se necessario accantoni anche qualche nome importante.











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