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Perché De Laurentiis non investe nel settore giovanile o in un nuovo stadio

E' una litania che ascolto da oltre 15 anni. Ma forse è venuto il momento di analizzare, come sempre in questa rubrica, le motivazioni imprenditoriali utilizzando una struttura narrativa del tipo problema-soluzione-beneficio.


Vincenzo ImperatoreVincenzo ImperatoreAnalista finanziario e giornalista

14/12/2023 15:50 - Altre notizie
Perché De Laurentiis non investe nel settore giovanile o in un nuovo stadio

Prendere decisioni strategiche nell’era in cui le organizzazioni sono costantemente sottoposte a sfide e opportunità sempre mutevoli, rappresenta il fulcro della sopravvivenza e del successo. Saper adattarsi alle diverse situazioni e riuscire a rimanere al passo dei tempi del mercato sono aspetti fondamentali per chiunque si trovi all’interno di una realtà aziendale. Quindi le scelte strategiche sono prese di posizione di natura strategica che influenzano il successo a lungo termine dell’attività in questione, il suo posizionamento sul mercato e la sua capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati.


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Le scelte strategiche hanno bisogno di investimenti. Gli investimenti hanno bisogno di capitali.

Quando si parla di capitali nel mondo del calcio (e degli affari in generale), agli occhi del profano i ricchi sono ricchi allo stesso identico modo. Eppure anche tra i ricchi ci sono quelli di serie A e quelli di serie B. Giusto per darvi una idea delle proporzioni, Aurelio De Laurentiis è candidato come Best President ai Globe Soccer Awards 2023 di Dubai. A contendergli il premio saranno Khaldon Al Mubarak del Manchester City, José Castro del Siviglia, Manuel Rui Costa del Benfica, Herbert Hainer del Bayern Monaco, Joan Laporta del Barcellona, Jospeh Oughourlian del Lens, Florentino Perez del Real Madrid.

Quattro sono rappresentanti di società ad azionariato popolare più diffuso (Bayern, Benfica, Barcellona, Real Madrid), due delegati di importanti, seppur discussi, fondi di investimento (Lens e Siviglia), e l’ultimo (Manchester City) ha un patrimonio personale stimato di 1 miliardo e mezzo dollari e fa parte dell’Abu Dhabi Investment Authority che ha invece un patrimonio stimato di circa 600 miliardi di euro.

L’unica formichina, con un patrimonio stimato da Forbes in circa 200 milioni di euro (che non rientra neppure tra i primi 60 in Italia), a combattere contro questi elefanti del capitalismo è Aurelio De Laurentiis. Il presidente della Salernitana Iervolino, sempre per capire le scale di valori, ha un patrimonio personale stimato in circa 1 miliardo di dollari. Più o meno 5 volte quello del presidente del Napoli.

A questo punto forse si inizia a capire che in un business fallimentare come il calcio in Italia (circa 1,5 miliardi di euro di perdite e 5,5 miliardi di euro di deficit patrimoniale), allocare bene le poche risorse a disposizione è determinate per definire poi i rischi che si corrono. 

Qualunque sia la dimensione, il settore e gli obiettivi, ogni imprenditore deve essere capace di effettuare (e di rendere efficiente) un processo di identificazione e misurazione dei rischi e di definire le relative strategie per dominarli. Questo processo si chiama risk management che non si caratterizza solo per la sua connotazione negativa (inteso come pericolo), ma anche per le opportunità che derivano da un’incognita.

Quindi se ho 1.000 euro da investire, non posso pensare di rischiare su tutto! Devo effettuare delle scelte.

La strategia del Napoli, come si evince dalla tabella riportata, ha privilegiato l’investimento in calciatori per la successiva rivendita (player trading), trascurando, come abbiamo visto, quello nelle infrastrutture sportive (compreso il settore giovanile).

Ma non è stata una scelta da taccagni. A tale proposito, basti pensare alla cifra investita in calciatori (operazioni in entrata) dal 2009 al 2023, che ha raggiunto l’importo di circa 1 miliardo di euro. È una cifra notevole, pari all’investimento in 3 stadi moderni a livello dei grandi club europei (Juventus Stadium 155 milioni, Allianz Arena 340 milioni di euro, Emirates Stadium 460 milioni di sterline) o alla gestione di un settore giovanile (costo medio annuo di circa 8 milioni di euro in serie A) per 125 anni! 

Orientarsi solo sul player trading è stata, quindi, una decisione strategica. 

Eppure si tratta di una scelta rischiosa. Perché quando si parla di player trading si fa riferimento al risultato complessivo della gestione della rosa dei calciatori, dove fra i ricavi si indicano le plusvalenze di cessione e i ricavi dai prestiti e fra i costi le minusvalenze di cessione, i costi dei prestiti e l’ammortamento dei calciatori stessi. Non vengono considerati i compensi dei calciatori.

Ebbene negli ultimi tre anni precedenti il calciomercato dello scudetto, ad esempio, il risultato del Player Trading è stato negativo rispettivamente per 23, 64 e 58 milioni di euro; in altre parole, il risultato della gestione economica relativa ai trasferimenti dei calciatori non è riuscito a coprire il costo degli ammortamenti. Invece per la campagna acquisti 2022-23 (quello che ha portato allo scudetto), secondo l’ultimo report del Cies (Centro Internazionale di Studi sullo Sport) che ha analizzato le spese delle squadre top in Europa delle ultime due sessioni di mercato, quella estiva del 2022 e quella invernale del 2023, il Napoli è stato il primo club italiano in termini di spesa per acquisti di calciatori, avendo investito 108 milioni di euro per otto diversi calciatori. E per l’ultima campagna acquisti (2023-2024) il Napoli ha speso 76 milioni di euro per il mercato in entrata, posizionandosi solo dietro al Milan (116 milioni).

E c’è ancora chi lo considera il presidente che può acquistare solo Datolo e Vargas.


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Vincenzo ImperatoreVincenzo Imperatore
Laureato in Economia e Commercio, ha lavorato 22 anni come manager di un istituto di credito. Dal 2012 è un libero professionista, saggista, scrittore e giornalista pubblicista. Collabora con importanti testate.

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